Fino ad ottobre 2022 tutti i principali indici si sono mossi sostanzialmente in maniera uniforme, con un bear market sempre più chiaro e definito, iniziato dai titoli biotech e fintech e poi seguito da tutti gli altri indici internazionali, con una decisa accelerazione subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina a fine febbraio.
Da metà ottobre qualcosa è cambiato in maniera evidente: guardando Dow e soprattutto indici europei, infatti – ma la cosa è molto chiara anche sul mercato valutario – le decise ripartenze dai bottom (segnati in tutti i casi su area chiave di lunghissimo termine) ad inizio quarto trimestre 2022 hanno portato a un evidente miglioramento delle strutture di medio termine già a partire da novembre/dicembre scorsi.
Ma su sp500 e soprattutto su Nasdaq 100 la situazione è ancora stabilmente in negativo. Sui tech, poi, se è vero che da giugno area 10450/11000 sia stata in grado di reggere ogni attacco dei venditori, va anche evidenziato che ad oltre un anno dall’inizio del bear market ci troviamo ancora a meno 30% dai top segnati in area 16500/16800 e poco sopra il 10% dai minimi visti ad ottobre. E fin quando l’area 12000/12450 farà da tappo, nulla cambierà dal punto di vista della struttura di medio ei rischi al ribasso non verranno assolutamente meno – rischi che si tramuterebbero in un violento sell off in caso di cedimento di 10450/11000 punti .
L’andamento dei prezzi nelle prossime 2/3 settimane sarà quindi davvero importante per chiarire meglio la situazione complessiva sui mercati, anche perchè questa battaglia tra FED – che vorrebbe decisamente meno esuberanza ed euforia per poter raggiungere gli obiettivi di orizzonte- e i mercati -che stanno facendo di tutto per scontare pivot, tagli di tassi e quindi inizio di nuovo mercato rialzista – sta per entrare nel vivo, con buone probabilità di vedere un round decisivo nel meeting della banca centrale americana previsto a inizio febbraio.
Sicuramente Dow ed europei si sono portati avanti con il lavoro da novembre/dicembre, e le correzioni viste a metà dicembre, prontamente riassorbite sin dai primi giorni di gennaio (sebbene su europei abbiano prodotto nuovi top e sul Dow jones invece assolutamente no!!! ) sono stati un chiaro segno di forza. Non vi sono più le condizioni per temporeggiare oltre però per Nasdaq e Sp500: o confermano in tempi brevi i segnali degli altri “indici forti” oppure giocoforza saranno questi ultimi a rischiare di più nel delicato bimestre febbraio/marzo!!!!